La ribellione di Palermo del 1866 | La rivoluzione dimenticata che mise in ginocchio l’Italia unita
Scopri la storia della rivolta del sette e mezzo del 1866 a Palermo, un'insurrezione che mise a dura prova il neonato Regno d'Italia!

Nel settembre del 1866, a soli cinque anni dall'unificazione italiana, Palermo fu teatro di una violenta insurrezione popolare nota come la "rivolta del sette e mezzo", così chiamata per la sua durata di sette giorni e mezzo. Questo evento, spesso trascurato nei libri di storia, rappresentò una delle più gravi crisi interne affrontate dal neonato Regno d'Italia.
Le radici del malcontento
Diverse furono le cause che alimentarono il malcontento tra la popolazione palermitana:
- Crisi economica: l'unificazione aveva portato a un aumento delle tasse e a una gestione centralizzata che penalizzava le economie locali.
- Epidemia di colera: nel 1866, un'epidemia devastante causò migliaia di vittime, aumentando il senso di abbandono da parte del governo centrale.
- Sostituzione delle élite locali: funzionari piemontesi presero il posto delle autorità locali, generando risentimento tra la popolazione.
Lo scoppio della rivolta
La notte del 15 settembre 1866, bande armate provenienti dalle campagne circostanti fecero irruzione in città, dando inizio all'insurrezione. Nei giorni successivi, migliaia di cittadini si unirono alla rivolta, attaccando edifici governativi e simboli del potere centrale. Palermo rimase sotto il controllo degli insorti per oltre una settimana.
La dura repressione
Il governo italiano, sorpreso dalla portata della rivolta, dichiarò lo stato d'assedio e inviò circa 40.000 soldati per reprimere l'insurrezione. La città fu sottoposta a un intenso bombardamento navale e terrestre, causando gravi danni e numerose vittime tra i civili. Dopo giorni di aspri combattimenti, le truppe governative ripresero il controllo della città il 22 settembre.
Curiosità: il ruolo di Antonio di Rudinì
Durante la rivolta, il sindaco di Palermo, Antonio Starabba, marchese di Rudinì, svolse un ruolo cruciale. Nonostante le pressioni, cercò di mediare tra gli insorti e il governo centrale per limitare le violenze. La sua gestione della crisi gli valse successivamente incarichi di rilievo, tra cui quello di Presidente del Consiglio dei Ministri.