Frittola, il cibo "tabù" di Palermo | Il piatto più popolare della città tra culto e passione popolare
Un piatto che divide Palermo: la frittola è un mix di scarti e mistero. Tabù per molti, ma culto sacro per i veri palermitani.

A Palermo c’è un piatto che non trovi nei ristoranti eleganti, ma che sopravvive nei vicoli, nei mercati e nei ricordi di famiglia. Si chiama frittola, e non è un semplice street food: è una prova d’amore verso la città, un rito carnale e profondo.
Ma cos’è davvero questa pietanza che fa impallidire anche i palermitani più duri?
Cos’è la frittola e cosa contiene davvero
La frittola è un preparato a base di carni di vitello che vengono bollite, pressate, lasciate raffreddare e poi fritte nello strutto.
Viene servita avvolta nella carta da pane o dentro un panino caldo. Il suo profumo è forte, il gusto deciso.
È uno dei piatti più antichi, poveri e carnali della cucina palermitana.
Origini tra povertà, macelli e genialità popolare
La frittola nasce nelle zone dei vecchi macelli di Palermo, dove nulla veniva sprecato. I resti inutilizzabili per le macellerie venivano recuperati dai frittulari, figure storiche del mercato, che con grande abilità li trasformavano in cibo saporito ed economico.
Era il modo con cui la gente sfamava intere famiglie, con quello che per altri era solo scarto e rifiuto.
Il frittularu: un personaggio mitico
Il frittularu è una figura mitologica per i palermitani: gira con una grande cesta di vimini (u panaru) foderata con tela di sacco, e custodisce la frittola all’interno dello strutto bollente, per mantenerla calda per ore.
Arriva nei mercati, nei vicoli, e il suo richiamo è inconfondibile: “Frittola càvura, càvura!”.
Oggi ne restano pochissimi, ma chi lo incontra vive un’esperienza di Palermo vera.
Cibo da strada, ma anche rito quasi sacro
Nei racconti popolari, mangiare la frittola è un gesto di appartenenza, un modo per dire: “io sono di Palermo, e non mi spaventa nulla”.
Viene consumata spesso in piedi, con le mani, senza posate, né fronzoli. Ogni morso è un tuffo in una Palermo che resiste, che lotta, che non butta via niente.