Il monastero che custodisce ricette del ’700 | I piatti misteriosi delle monache di Palermo

Nel cuore di Palermo, il monastero di Santa Caterina preserva ricette settecentesche delle sue monache: dolci unici che oggi incantano i palermitani.

A cura di Paolo Privitera
09 luglio 2025 18:00
Il monastero che custodisce ricette del ’700 | I piatti misteriosi delle monache di Palermo - Foto: Stendhal55/Wikipedia
Foto: Stendhal55/Wikipedia
Condividi

Dove fede e farina si incontrano da sette secoli

Fondato nel 1312 dalle nobildonne Benvenuta e Palma Mastrangelo, il Monastero di Santa Caterina d’Alessandria domina piazza Bellini come una fortezza di pietra e silenzio. Tra antichi chiostri e corridoi gotico-catalani, le suore domenicane trovarono rifugio, preghiera e… profumo di mandorle tostate.

Le ricette codificate nel XVIII secolo

Nel Settecento le monache redassero un ricettario segreto: fogli ingialliti che descrivono “rococò”, “fedde del cancelliere”, “minne di vergine” e altri capolavori di zucchero. Ogni formula indicava grammature perfette e tempi d’infusione delle spezie, gelosamente tramandati solo a poche “suore cuoche”.

Il parlatorio del desiderio

Dietro la grata del parlatorio le religiose vendevano dolci ai palermitani senza mostrarsi. Il contatto con il mondo esterno avveniva attraverso una ruota lignea rotante: fuori il denaro, dentro cassatelle fumanti. Questo ingegnoso sistema permetteva alle suore di mantenere la clausura e di finanziare il monastero.

La rinascita: “I Segreti del Chiostro”

Dopo il lungo restauro terminato nel 2014, l’ex spezieria è rinata come dolceria aperta al pubblico. Pasticceri formati dalle religiose ripropongono le antiche ricette usando mandorle d’Avola, miele degli Iblei e agrumi di Conca d’Oro. In pochi anni il laboratorio è divenuto una tappa obbligata per turisti e palermitani golosi.

Una curiosità lunga 700 anni: il “cuscus di clausura” che sfidò i viceré

Dalla metà del XV secolo, sull’altare domestico delle cucine claustrali si celebrava un rito sorprendente per un monastero cristiano: la cottura del “cuscus di Santa Caterina”. Le suore, molte di origine arabo-normanna, avevano custodito la tecnica tramandata dalle ancelle saracene delle prime monache. Ogni vigilia di Avvento, la ruota del parlatorio faceva girare tegami di semola incocciata, zuppa di latte di mandorla e cannella. Il profumo attraversava la grata, rapiva i sensi dei notabili spagnoli di passaggio e spingeva i viceré a ordinare intere pentole “per la tavola di corte”.

Nel 1720 i governatori borbonici tentarono di tassare questa prelibatezza, ma l’abadessa rispose con un arguto stratagemma: dichiarò il cuscus “pasto di misericordia” destinato a orfani e poveri. Così la pietanza sfuggì al fisco e divenne simbolo di carità palermitana. Quando la clausura fu abolita, la ricetta scivolò nell’oblio, sopravvivendo solo nei quaderni macchiati di zucchero conservati in archivio.

Nel 2019, durante un inventario, gli storici culinari de I Segreti del Chiostro decifrarono quelle note in latino misto a dialetto e riportarono in vita il piatto: semola al vapore in brodo dolce di mandorla, cioè un’inedita fusione tra cultura islamica e devozione cristiana. Oggi puoi assaggiarlo soltanto durante le aperture straordinarie di dicembre, quando il chiostro si illumina di candele e i visitatori sorseggiano mostarda calda mentre il rintocco dell’ora nona risuona tra i portici. Se chiudi gli occhi, sentirai la voce delle monache che sussurra ancora: “Virtus dulcedinis vincit omnia”—la dolcezza vince su tutto.

Le migliori notizie, ogni giorno, via e-mail

Il Fatto di Palermo sui social