Tutti pensano di conoscerla, ma non è come credi, la focaccia palermitana tramandata da secoli

Lo sfincione è il re dello street-food di Palermo: focaccia soffice, storia monastica e rituali che i palermitani tramandano da secoli.

A cura di Paolo Privitera
21 agosto 2025 18:00
Tutti pensano di conoscerla, ma non è come credi, la focaccia palermitana tramandata da secoli - Foto: Rino Porrovecchio - Flickr/Wikipedia
Foto: Rino Porrovecchio - Flickr/Wikipedia
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Le origini monastiche che profumano di Palermo

La leggenda narra che a inventare lo sfincione furono le monache del monastero di San Vito nel Settecento: volevano offrire ai nobili un “pane vestito a festa”, più ricco del semplice pane quotidiano. Il termine deriva dal latino spongia (spugna) a indicare la consistenza soffice e alveolata dell’impasto. Inserito tra i Prodotti Agroalimentari Tradizionali, lo sfincione è oggi simbolo dell’identità gastronomica dei palermitani.

Ingredienti segreti

La ricetta classica prevede un impasto alto e ben lievitato, condito con salsa di pomodoro, cipolle stufate, acciughe sotto sale, caciocavallo grattugiato e una pioggia di pane grattugiato tostato che forma la crosticina dorata. Questa copertura nasceva da un trucco delle suore: proteggere il sugo durante le cotture lente nei forni a legna e sprigionare un inconfondibile profumo di spezie e origano che investe ogni vicolo di Palermo.

Dal natale allo street food: il canto dei “sfinciunari”

A Palermo lo sfincione è indissolubilmente legato all’Immacolata (7 dicembre) e alle festività natalizie: fin dall’alba, gli “sfinciunari” girano per i mercati di Ballarò, Vucciria e Capo con i carretti in legno, agitando un campanello di ferro e urlando «Chi ciavuru!» per attirare i clienti. La scena è la stessa raccontata dai viaggiatori dell’Ottocento e confermata dalle cronache popolari: ogni fetta è un rito collettivo che unisce generazioni di palermitani.

Curiosità: Il “Bianco” di Bagheria, cugino nobile e senza pomodoro

Esiste una variante meno nota ma amatissima: lo “sfincione bianco” di Bagheria, privo di pomodoro, condito con scamorza, tuma e cipolle, custodito da confraternite e forni storici. Secondo la tradizione locale, nasce per differenziare i dolci banchetti aristocratici dalle tavole cittadine e fu esportato oltreoceano dagli emigrati bagheresi, contribuendo alla creazione della Sicilian pizza nelle pizzerie di New York.

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