Ponte sullo Stretto di Messina | La CGIL torna a dire “no”
La CGIL torna a dire no al Ponte sullo Stretto: sulla pagina Ponte sullo Stretto di Messina si riaccende il dibattito sul futuro tra Sicilia e Calabria
La CGIL ribadisce la propria contrarietà alla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina, chiedendo al governo di “annullare tutto, ritirare il progetto e destinare le risorse ad altro”. È quanto si legge in un post pubblicato sulla pagina social Ponte nello Stretto di Messina, che riporta le dichiarazioni del sindacato. Ma — viene spontaneo chiedersi — “altro cosa”, esattamente? Ancora una volta riemerge il cosiddetto benaltrismo, la convinzione che non si debba realizzare un’opera strategica perché esisterebbero “ben altre priorità”.
Decenni di rinunce e nessun progresso
Chi si oppone al Ponte spesso dimentica che, in decenni senza quest’opera, la Sicilia non è diventata la Svizzera del Mediterraneo. L’isola continua a pagare un prezzo altissimo per la propria insularità, che secondo le stime ufficiali pesa sull’economia per quasi 7 miliardi di euro l’anno. Un danno strutturale e ricorrente, anno dopo anno. Il progetto del Ponte, con un investimento una tantum di circa 13 miliardi, potrebbe invertire la rotta: solo la fase di cantiere genererebbe un impatto sul PIL di 25 miliardi e decine di migliaia di posti di lavoro tra Sicilia e Calabria.
Senza Ponte, il Sud resta tagliato fuori
Le altre grandi opere nel Mezzogiorno sono già in corso: la nuova alta velocità Salerno–Reggio Calabria e la Messina–Catania–Palermo, per oltre 30 miliardi di euro già finanziati. Ma senza il Ponte nel mezzo, restano infrastrutture monche. I treni AV non possono essere traghettati: oggi si fermano a Reggio o, più spesso, a Napoli, lasciando cinque milioni di utenti a sud tagliati fuori dal sistema ferroviario nazionale. Con il Ponte, invece, si potrebbe viaggiare da Roma a Catania in cinque ore con un unico treno.
E i vantaggi non finiscono qui: meno traghetti e aerei, quindi meno emissioni; meno traffico urbano a Messina e Villa San Giovanni; una spinta turistica e d’immagine straordinaria; e un primato tecnologico mondiale per l’Italia.
Il Ponte non è solo un’infrastruttura: è una visione strategica, un passo verso un’Italia davvero connessa. Opporsi significa dire “no” allo sviluppo, ai lavoratori e al Sud. Prima o poi, il Ponte andrà fatto. E sarebbe meglio — conclude il post — che la CGIL iniziasse a dire “sì al futuro”, invece di restare ferma sul “no” del passato.
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