Il dolce nato a Palermo che doveva essere solo un omaggio e invece ha cambiato tutto
A Palermo un dolce creato per una sola occasione è diventato un’icona cittadina: la storia dell’iris e della sua sorprendente curiosità finale.
Il sapore nato per una sera e diventato tradizione
Tra le tante creazioni che Palermo ha regalato alla pasticceria, l’iris occupa un posto singolare. Non nasce in un laboratorio anonimo né da una ricetta tramandata nei conventi: prende vita in un contesto teatrale, quasi fosse una piccola scenografia commestibile. L’idea è legata a Antonio Lo Verso, pasticcere palermitano che all’inizio del Novecento decise di preparare un dolce speciale in occasione della rappresentazione dell’opera Iris di Pietro Mascagni.
Quel gesto, pensato come un tributo elegante, non aveva l’ambizione di lasciare un segno. Era un omaggio dedicato a una sera di spettacolo, un modo per accompagnare l’entusiasmo che girava attorno all’evento. Nessuno immaginava che quella sfera fritta, soffice, ripiena di crema profumata e ricoperta da una crosta zuccherata, avrebbe trovato un posto stabile nelle abitudini dei palermitani. E invece accadde proprio questo: la città fece suo quel dolce in un attimo, come se aspettasse da tempo un sapore simile.
L’iris iniziò così il suo viaggio silenzioso tra bar e rosticcerie, passando di tavolo in tavolo, trasformandosi in una presenza familiare. È un dolce che non fa cerimonie: arriva ancora oggi caldo, con quel contrasto tra morbidezza interna e croccantezza esterna che racconta la manualità di chi lo prepara. Non ha bisogno di presentazioni, e forse è proprio questa sua immediatezza ad averne garantito il successo.
Come una ricetta semplice è diventata un simbolo cittadino
Ciò che rende l’iris particolare non è solo la sua storia, ma la sua capacità di muoversi tra i gusti della città senza perdere identità. Cambiano le versioni, i ripieni, i tentativi di reinterpretarlo, ma la struttura rimane quella: un guscio soffice che custodisce un cuore cremoso. È un dolce “caldo”, nel senso più completo del termine, perché arriva sempre espresso, preparato con una cura che richiama i gesti lenti delle rosticcerie storiche.
Sebbene oggi sia facile trovare varianti al cioccolato o con ingredienti moderni, l’essenza dell’iris resta legata alla sua ricetta originaria, semplice e diretta. È una pasticceria che non cerca di stupire con forme elaborate: racconta la Palermo popolare, quella che preferisce un sapore pieno e immediato alla ricerca di effetti scenici. Ed è forse per questo che, nonostante i cambiamenti delle abitudini alimentari, l’iris rimane uno dei dolci più richiesti.
Chi visita Palermo per la prima volta spesso non lo conosce, ma dopo averlo assaggiato capisce subito perché i palermitani lo considerino quasi un rituale. È un dolce che si prende il suo tempo: non è da vetrina, non si compra per convenzione. Si mangia caldo, appena fatto, in piedi al bancone o seduti davanti a un caffè, proprio come si faceva all’inizio del secolo scorso.
La curiosità che pochi notano dietro il nome
Il nome “iris” viene associato spontaneamente al colore o al fiore, ma in realtà non c’entra nulla. È un richiamo diretto all’opera lirica che ispirò il pasticcere Lo Verso, un omaggio teatrale che è rimasto intatto nonostante il passare del tempo. Oggi il dolce vive una vita completamente autonoma, ma porta ancora nel nome il ricordo di quella sera palermitana in cui musica e pasticceria si incontrarono in modo del tutto inatteso.
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