La vecchia dell'aceto | Giovanna Bonanno e i suoi veleni nella Palermo del '700

Scopri la storia di Giovanna Bonanno, la "vecchia dell'aceto" che seminò il terrore nella Palermo del XVIII secolo con i suoi veleni letali.

A cura di Paolo Privitera
24 aprile 2025 12:00
La vecchia dell'aceto | Giovanna Bonanno e i suoi veleni nella Palermo del '700 -
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Nel cuore della Palermo del XVIII secolo, tra vicoli stretti e ombre misteriose, si aggirava una figura tanto enigmatica quanto temuta: Giovanna Bonanno, meglio conosciuta come la "vecchia dell'aceto". La sua storia, sospesa tra realtà e leggenda, racconta di una donna che trasformò un rimedio comune in un'arma letale, lasciando un'impronta indelebile nella cronaca nera dell'epoca.​

Chi era Giovanna Bonanno?

Le informazioni sulla vita di Giovanna Bonanno sono frammentarie. Si ritiene che fosse la stessa Anna Pantò, menzionata nel 1744 come moglie di Vincenzo Bonanno. Viveva di elemosina nelle strade di Palermo durante il regno del viceré Domenico Caracciolo (1781-1786). La sua esistenza cambiò radicalmente quando scoprì le potenzialità di una miscela usata per eliminare i pidocchi: una combinazione di aceto, vino bianco e arsenico. Questo intruglio, noto come "aceto per i pidocchi", divenne lo strumento dei suoi crimini. ​

L'arma segreta: l'aceto per i pidocchi

La svolta nella vita di Giovanna avvenne quando apprese di una bambina che, ingerendo accidentalmente l'aceto per i pidocchi, si era sentita male senza che i medici riuscissero a identificarne la causa. Intuendo il potenziale letale e discreto di questa sostanza, Giovanna iniziò a procurarsela e a venderla a donne desiderose di liberarsi dei mariti indesiderati. Il veleno veniva somministrato in tre dosi: la prima causava dolori allo stomaco, la seconda aggravava le condizioni portando al ricovero, e la terza risultava fatale. I medici dell'epoca, ignari della natura del veleno, non riuscivano a determinarne la causa, rendendo le morti apparentemente naturali. ​

Una scia di misteriose morti a Palermo

Nel quartiere della Zisa a Palermo, iniziarono a verificarsi decessi inspiegabili. Tra le vittime si annoveravano il fornaio la cui moglie era diventata insofferente, un nobile che aveva dilapidato il patrimonio familiare e la moglie di un altro fornaio sospettata di tradimento. Questi decessi, accomunati da sintomi simili e dalla rapidità con cui si verificavano, destarono sospetti tra la popolazione. ​

La cattura e il processo

La carriera criminale di Giovanna ebbe una svolta quando una sua complice, Maria Pitarra, scoprì che una dose di veleno era destinata al figlio di una sua amica. Decise quindi di avvertire la madre, la quale, fingendosi interessata all'acquisto del veleno, organizzò una trappola per Giovanna. Quest'ultima fu colta in flagrante e arrestata. Nel ottobre del 1788 iniziò il processo presso la Regia Corte Capitaniale di Palermo. Giovanna fu accusata di stregoneria e veneficio. Nonostante la sua età avanzata, fu sottoposta a tortura e confessò i suoi crimini. Il 30 luglio 1789, all'età di circa 76 anni, fu giustiziata per impiccagione in piazza Vigliena, nota come i Quattro Canti. ​

Curiosità

La figura di Giovanna Bonanno ha ispirato opere letterarie e studi storici. Nel Museo etnografico siciliano Giuseppe Pitré è custodito un busto che la raffigura, testimoniando l'impatto duraturo della sua storia nella cultura popolare siciliana. ​

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