Pane e panelle, cibo da strada con un passato nobile | Il rito palermitano nato da povertà, sfarzo e rivoluzione

Pane e panelle non sono solo street food. A Palermo raccontano una storia nobile fatta di ingegno, fame, tradizione e orgoglio popolare.

A cura di Paolo Privitera
16 aprile 2025 12:00
Pane e panelle, cibo da strada con un passato nobile | Il rito palermitano nato da povertà, sfarzo e rivoluzione - Foto: Dedda71/Wikipedia
Foto: Dedda71/Wikipedia
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A Palermo si mangia con le mani, ma si racconta con il cuore. Tra le vie del Capo, della Vucciria e di Ballarò, il suono dell’olio che frigge è una melodia sacra.
Pane e panelle sembrano un semplice spuntino di strada, ma nascondono un passato nobile, antico e sorprendente: dalla dominazione araba ai palazzi aristocratici, fino alle barricate popolari del Novecento.

Dove nasce la panella? Tra le mura del potere arabo

Il primo indizio risale al periodo della dominazione araba in Sicilia, tra il IX e l’XI secolo. Gli Arabi introdussero nella dieta siciliana la farina di ceci, usata per creare una pastella densa, cotta e poi fritta.
Questa “frittella” era povera, ma altamente proteica, perfetta per sfamare le classi popolari. Il nome "panella" deriva probabilmente dall’arabo “panadell”, ovvero impasto da cuocere in olio.

Pane e panelle, cibo da strada con un passato nobile | Il rito palermitano nato da povertà, sfarzo e rivoluzione

La trasformazione nei palazzi nobiliari

Nel corso del XIII secolo, la panella venne elevata a cibo di corte: veniva servita nei palazzi aristocratici, aromatizzata con maggiorana, finocchietto e sale marino. Si narra che in alcune residenze di nobili palermitani, le panelle venissero preparate con brodo speziato e servite su piatti d’argento come “cibo dei servi” per impressionare gli ospiti.

Pane e panelle: la rivoluzione della strada

A partire dal Settecento, il piatto esce dai palazzi e si impone come cibo da strada per eccellenza. I venditori ambulanti, detti “panellari”, iniziano a vendere il panino con panelle per pochi centesimi.
Il pane era “mafaldina” o “scuma di pani”, morbido e spolverato di sesamo. L’abbinamento era perfetto: croccante fuori, cremoso dentro, ideale per un popolo affamato ma orgoglioso.

Un simbolo identitario per i palermitani

Oggi pane e panelle non sono solo un piatto: sono un simbolo di Palermo, come il Festino di Santa Rosalia o il Genio della città. Si mangiano in ogni stagione, ad ogni ora, e sono il primo amore gastronomico di ogni palermitano che vive all’estero.
Nei racconti popolari, la panella è anche “cibo dei disgraziati”, ma con orgoglio: mangiare pane e panelle è un atto di appartenenza, di storia vissuta.

Non solo panelle: arriva la “maritata”

Nel tempo, il panino con le sole panelle ha trovato una compagna perfetta: la crocchè (o cazzilli), crocchette di patate aromatizzate con prezzemolo.
Il panino “maritato” (con panelle e crocchè) è diventato lo standard del vero street food palermitano. Ogni palermitano ha un panellaro di fiducia, e guai a cambiarlo.

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