La figlia di Borsellino: "Depistaggio sulla morte di mio padre ancora in atto"

Lucia Borsellino denuncia su Radio 1 Rai il continuo depistaggio sulla morte del padre, il magistrato Paolo Borsellino, ucciso dalla mafia 32 anni fa.

A cura di Redazione
13 luglio 2024 21:39
La figlia di Borsellino: "Depistaggio sulla morte di mio padre ancora in atto" -
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Lucia Borsellino: "Il depistaggio sulla morte di mio padre è tuttora in atto"

PALERMO – A 32 anni di distanza dalla strage di via D’Amelio, Lucia Borsellino, figlia del magistrato Paolo Borsellino, esprime con veemenza il suo sdegno per come sono state condotte le indagini sulla morte del padre. Intervenuta ai microfoni di "Inviato Speciale" su Radio 1 Rai, Lucia ha dichiarato: "Mio padre è stato oltraggiato anche da morto", sottolineando con amarezza quanto le indagini siano state mal gestite.

Nell’intervista, Lucia Borsellino ha evidenziato come, nonostante il passare del tempo, il depistaggio sia ancora in atto. "Più andiamo avanti", ha spiegato, "più ci rendiamo conto di quanto le indagini siano state condotte male”. Per Lucia, questo depistaggio è stato "riuscito in fondo", viste le difficoltà e i lunghi anni necessari anche solo per tentare di ricostruire la verità. "Sono passati 32 anni e probabilmente non saranno soli 32 anni necessari per comprendere appieno ciò che è davvero successo", ha aggiunto.

Il contesto storico non è stato risparmiato dalle sue critiche. Lucia ha ricordato il devastante impatto della strage di Capaci e di come, a soli 57 giorni di distanza, la morte di suo padre Paolo abbia rappresentato un colpo altrettanto terribile per l’Italia. "Abbiamo riposto tutta la nostra fiducia nelle istituzioni", ha detto Lucia, "ma dopo 32 anni abbiamo assistito a uno scempio della verità”.

Il ricordo del padre è per Lucia una ferita aperta ma al contempo un’ispirazione costante. "Mio papà è la persona che mi ha dato l’amore più grande e incondizionato", ha detto con emozione. "Era un uomo umile, consapevole dei suoi limiti, e mai avrebbe immaginato di diventare un’icona straordinaria solo per aver fatto il suo dovere".

Fabio Trizzino, legale della famiglia Borsellino e marito di Lucia, ha aggiunto nuove inquietanti sfumature a questo doloroso quadro. "Il depistaggio nelle indagini sulla strage di via D’Amelio", ha detto Trizzino, "poteva essere compiuto solo da uomini appartenenti alle istituzioni". Ha descritto uno "scenario istituzionale terrificante", caratterizzato da condotte anomale che hanno visto protagonisti uomini dello Stato.

Trizzino ha avanzato l’ipotesi che Paolo Borsellino, negli ultimi giorni della sua vita, potesse essersi interessato a questioni che preoccupavano fortemente individui appartenenti alle istituzioni. "Chi ha deviato le indagini fin dai primi momenti", ha spiegato, "sono stati uomini dello Stato". Trizzino ritiene che Borsellino, con la sua “corsa contro il tempo”, avesse intuito le vere ragioni dietro l’attacco, le quali non si limitavano alla vendetta per il Maxiprocesso, ma riguardavano anche "indagini in corso che andavano bloccate immediatamente".

La ricerca della verità continua, e con essa il dolore e la determinazione della famiglia Borsellino nel ricordare un uomo che ha dedicato la sua vita al rispetto della giustizia.

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