A Palermo c'è un edificio con un'architettura fuori dal normale: ecco come si chiama
La Casa del Mutilato di Palermo è un monumento che unisce dolore, orgoglio e arte in un’unica voce di pietra.
Un’architettura che racconta chi eravamo
Chi passa da via Scinà, nel cuore di Palermo, quasi non si accorge subito di quell’edificio massiccio e sobrio: è proprio lei, la Casa del Mutilato. È stata costruita tra il 1936 e il 1939, quando l’architettura non serviva solo a costruire spazi, ma a raccontare un’idea di forza, di patria, di sopravvivenza.
L’edificio nacque per dare un luogo ai reduci, ai mutilati, agli invalidi, ma anche per restituire dignità a un’intera generazione che aveva pagato caro il prezzo della Storia.
Oggi, guardandolo da fuori, col suo volto compatto e le geometrie severe, la Casa del Mutilato sembra quasi parlare sottovoce. Non c’è trionfo, non c’è retorica: solo equilibrio, ordine, misura. Una bellezza sobria, che chiede di essere capita più che ammirata.
Dentro, il tempo sembra essersi fermato
Chi ha la fortuna di entrare, trova un interno che sorprende. Il grande atrio accoglie con pareti rivestite di marmo e decorazioni che, pur nella loro compostezza, trasmettono un senso di rispetto e memoria. Ogni dettaglio – dalle scale ai fregi, dai mosaici alle iscrizioni – sembra dire: “Non dimenticare”.
Non è un museo, eppure lo spirito è quello. Qui non si espone nulla, ma tutto racconta qualcosa. I corridoi larghi, le colonne, le stanze silenziose: ogni angolo porta ancora il segno del suo tempo.
È un’architettura che ha resistito senza cambiare volto, e che oggi continua a vivere come sede dell’associazione che la volle costruire.
Una storia che appartiene a tutti
La Casa del Mutilato è una parte di Palermo che pochi conoscono davvero. Forse perché il suo messaggio è scomodo, o semplicemente perché non urla. È un edificio che preferisce restare lì, discreto, a ricordarci che anche le ferite possono diventare racconto.
Nel suo linguaggio essenziale, nel suo rigore di linee e forme, si legge la forza di un’epoca che ha conosciuto il dolore, ma anche la volontà di rialzarsi. E se oggi la città la guarda con occhi diversi, resta il fatto che quel palazzo, in fondo, non ha mai smesso di compiere il suo dovere: custodire la memoria di chi non ha ceduto alla disperazione.
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