La piazza dove Palermo sfidò la mafia in pubblico | Cosa accadde davvero in via Notarbartolo
Dove oggi sorge l’Albero Falcone, Palermo voltò pagina: scopri la vera storia di via Notarbartolo, dai primi delitti mafiosi al grido collettivo di libertà.

Dove tutto ebbe inizio: la via che porta il nome del primo martire di mafia
Via Notarbartolo nasce alla fine dell’Ottocento come elegante arteria borghese; prende il nome da Emanuele Notarbartolo, ex sindaco di Palermo e direttore del Banco di Sicilia, assassinato nel 1893: il primo “delitto eccellente” della mafia che scandalizzò l’Italia liberale. Oggi pochi passanti immaginano che quel soprannome colpisca un uomo che morì proprio per aver denunciato malaffare e corruzione finanziaria.
La magnolia che divenne monumento civile: l’“Albero Falcone”
All’indomani della strage di Capaci (23 maggio 1992) centinaia di palermitani si radunarono davanti al civico 57, dove abitava il giudice Giovanni Falcone. Una vecchia magnolia fu ricoperta di biglietti, fiori e lenzuoli bianchi: nacque così l’“Albero Falcone”, nuovo simbolo di speranza contro Cosa Nostra. Quel gesto spontaneo trasformò la semplice via in una vera piazza morale, aperta e condivisa.
La catena umana che collegò il Palazzo di Giustizia all’Albero
Il 20 giugno 1992 – a meno di un mese dalla strage – diecimila persone formarono una catena umana di tre chilometri, dal Palazzo di Giustizia fino a via Notarbartolo, gridando “Palermo vuole vivere!”: fu la prima volta che la città rispose in massa, a volto scoperto, alla violenza mafiosa. Giornalisti di tutto il mondo parlarono di “sconfitta pubblica” della mafia, costretta a vedere un popolo intero scendere in strada senza paura.
Il Comitato dei Lenzuoli: quando i balconi si vestirono di bianco
Quel giorno nacque il Comitato dei Lenzuoli: migliaia di drappi bianchi furono appesi ai balconi di Palermo (e poi d’Italia) con scritte come “Non li avete uccisi: le loro idee camminano sulle nostre gambe”. L’iniziativa continua ancora oggi durante ogni anniversario, riempiendo via Notarbartolo di voci, colori e studenti.
La metamorfosi di un luogo: da viale residenziale a laboratorio di legalità
Oggi via Notarbartolo ospita cortei, marce civili e tour educativi: cooperative come Addiopizzo Travel la inseriscono nei percorsi antimafia, mentre l’Università organizza incontri sotto la magnolia per parlare di giustizia e memoria. La strada simboleggia ormai un diverso modo di essere palermitani: orgoglio, partecipazione, rifiuto dell’omertà.
Curiosità – Il viaggio segreto del ficus
Sembra impossibile, ma l’“Albero Falcone” non nacque in via Notarbartolo. Nel 1940 una grande opera di difesa antiaerea obbligò il Comune a spostare diversi alberi secolari da piazza Ignazio Florio per installare un rifugio sotterraneo. Uno di quei ficus macrophylla finì proprio davanti al palazzo che, mezzo secolo dopo, sarebbe diventato la casa del giudice Giovanni Falcone. A raccontarlo è Rocco Ranieri, nipote dell’ingegnere che diresse il trasferimento: l’albero, allora anonimo, fu sollevato con rulli e tirato da buoi lungo le strade semi-deserte perché temevano che le radici non resistessero allo spostamento.
Durante il tragitto – narrano i documenti familiari – ci vollero tre giorni e cinquanta uomini per far passare il colosso vegetale sotto i cavi del tram senza spezzarne i rami più alti. Quella fatica colossale sembrò inutile fino a quando, il 23 maggio 1992, la magnolia si trasformò nel faro della rinascita civile di Palermo. Ogni anno, durante le commemorazioni, gli agronomi del Corpo Forestale la controllano e prelevano talee per creare “figli dell’Albero Falcone” nei giardini delle scuole italiane: oggi più di 600 piantine crescono da Piemonte a Sicilia come rete verde della memoria. Così un trasloco dimenticato nel tempo è diventato il simbolo vivente di una comunità che rifiuta la violenza e sceglie la legalità.