Una scoperta che potrebbe cambiare la storia | La torre che guidava le navi fenicie a Palermo
Monte Pellegrino a Palermo: torre punica, culto di Tanit e graffiti preistorici svelano le origini più antiche del capoluogo siciliano.

Una sentinella di pietra sul Tirreno
Monte Pellegrino, promontorio calcareo alto 606 m, domina il golfo ed è visibile a decine di miglia nautiche: per i capitani fenici era un faro naturale che annunciava l’ingresso sicuro nella baia di Panormos, l’attuale Palermo.
L’arrivo dei Fenici e la nascita di Panormos
Secondo le fonti archeologiche e i cronisti greci, i Fenici approdarono qui nell’VIII sec. a.C., fondando un emporio che chiamarono Ziz e che i Greci ribattezzarono Panormos (“tutto-porto”). Il massiccio sovrastante divenne subito un punto di avvistamento per scambi e difesa.
Le fondamenta della torre punica
Scavi recenti sulla vetta hanno individuato le fondamenta di due torri difensive risalenti alla fine del IV-III sec. a.C.: i blocchi, le monete e i frammenti ceramici punici confermano che Amilcare Barca trasformò il monte in roccaforte durante la Prima guerra punica. Da qui segnali di fumo e fuochi notturni guidavano le navi alleate verso il porto sottostante.
Prima ancora delle fortificazioni, una grotta a falda sorgiva era dedicata a Tanit, dea fenicia della fertilità: l’acqua, ritenuta propiziatoria, attirava mercanti e pellegrini. Tracce dell’edicola punica sono ancora visibili accanto all’attuale santuario, testimoniando una continuità cultuale lunga tre millenni.
Da baluardo militare a monte della Santuzza
Nel XII secolo la nobildonna Rosalia Sinibaldi si ritirò nella stessa grotta; le sue reliquie, portate in processione nel 1624, salvarono Palermo dalla peste e trasformarono la “torre dei Fenici” in faro spirituale dei palermitani. Oggi la scalata segue antichi sentieri usati da eremiti, crociati e pellegrini.
Il panorama che stregò Goethe
Nel 1787 Goethe definì Monte Pellegrino “il promontorio più bello del mondo”: l’eco letteraria ne fece tappa obbligata del Grand Tour e fissò per sempre l’immagine del monte-faro nell’immaginario europeo.
Curiosità: i graffiti dell’Addaura, il “fumetto” più antico di Sicilia
Sulle pendici nord-orientali si apre la Grotta dell’Addaura, scoperta per caso da truppe alleate nel 1943. All’interno, un ciclo di incisioni paleolitiche (datato 14 000 a.C.) raffigura figure umane in posizione rituale, animali e forse una scena di sacrificio: un unicum per stile narrativo, quasi un fumetto ante-litteram lungo 25 m. Gli archeologi ipotizzano che le immagini fossero messaggi iniziatici destinati a pochi adepti, prova di un culto sciamanico praticato sul monte ben prima dei Fenici. La grotta, chiusa al pubblico per conservazione, è oggi al centro di studi multidisciplinari che uniscono archeologia, paleo-arte e realtà virtuale per ricostruire l’esperienza originaria dei graffiti senza danneggiarli.